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AMARCORD. GAETANO MUSELLA: lo scugnizzo col numero 10

Era un pomeriggio come un altro al San Francesco. La Nocerina di Gaetano Auteri volava verso la Serie B e c’era un bel clima di festa. Un amico, mentre tutti guardavano le evoluzioni di Castaldo e compagni, mi fa notare un signore seduto in disparte che guarda i movimenti di alcuni ragazzini in prova. Erano passati ventitre anni dall’ultima volta che lo avevo visto, ma non potevo sbagliarmi. Era Gaetano, detto Nino, Musella.

Per noi nati a cavallo tra gli anni sessanta e settanta Gaetano Musella è stato il primo vero numero dieci della Nocerina. Troppo piccoli per apprezzare le gesta di Roberto Chiancone ci siamo perdutamente innamorati di questo scugnizzo piovuto da chissà dove sul manto verde del San Francesco. Una delle poche luci di un’annata maledetta. Certo prima di lui c’era stato Lamiacaputo, ma indossava il numero otto ed allora i numeri avevano ancora un significato.

Musella era il numero dieci classico, di quelli che si fa sempre più fatica a trovare sui campi di calcio. Non era un centrocampista, anche se vedeva lo svolgersi del gioco con un paio di passaggi d’anticipo. Non era un attaccante, anche se di gol ne faceva e nemmeno pochi. Bazzicava in quella zona di nessuno tra centrocampo e attacco dove solo i grandi sanno sopravvivere.

La palla obbediva a ogni suo comando, e lui ondeggiava con quella maglia rossonera perennemente fuori dai pantaloncini. Un tocco e il pubblico tratteneva il fiato, un secondo tocco e c’era la meraviglia prima del gol o dell’assist decisivo. Talento a pacchi tra le righe bianche del campo, scugnizzo incorreggibile fuori dal rettangolo verde.

Gaetano Musella era un’opera d’arte calcistica incompiuta. Avrebbe dovuto fare sfracelli sotto al Vesuvio e con la maglia della nazionale ed invece era diventato un dio minore. Non tutto va sempre per il verso giusto e la malinconia gli si leggeva perfettamente in quello sguardo provocatorio che dava agli avversari e ai giornalisti.

Col pubblico e con noi ragazzini, però, era sempre disponibile. Un autografo, un palleggio, due passaggi e un tiro. Non era Musella il numero dieci, tornava Nino lo scugnizzo. Ha vestito per poco tempo la nostra casacca, però ha lasciato il segno. Lo immagino tornare verso il centrocampo, con il dieci rossonero che guarda la curva e le mani al cielo dopo aver calciato una delle sue splendide punizioni. Ciao Nino.

Fabio Pagano, ForzaNocerina.it

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