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NOCERINA: dai giovani la forza per ricominciare

Cosa è il calcio lontano dai riflettori, quando non ci sono in ballo ingaggi astronomici e le copertine dei giornali? Per dare una risposta a questa domanda da qualche tempo ho iniziato a seguire le sorti delle formazioni giovanili, ovviamente delle giovanili della Nocerina. E devo dire che mi si è aperto un mondo “nuovo”. Ritrovare la vera essenza, ri-appassionarsi ad uno sport che da un pò di tempo mi regala ormai pochissime emozioni, specie se parliamo di quello praticato ad alti livelli. E devo dire che mi ci è voluto molto poco ad “innamorarmi” di questi ragazzi. Sono la mia terapia e da qualche tempo sono la “mia” Nocerina.

Giovani calciatori che vogliono giocare al pallone semplicemente per passione. Molti di loro vivono lontano dai propri cari. Tantissimi, grazie anche ai sacrifici delle rispettive famiglie, vanno e vengono da Nocera quotidianamente. Macinando tanti chilometri a settimana. Sacrificando per il loro sogno, tempo, uscite con gli amici e serate con le fidanzatine. Le condizioni in cui fanno tutto questo non sono certo delle migliori. La crisi societaria di inzio campionato ha colpito anche e soprattutto loro. Gli ultimi avvenimenti hanno aggravato ancor di più la situazione. Allenamenti in orari improponibili, su campi improbabili. Un giorno in coabitazione fra Berretti e Allievi, quello dopo in altra località su un campo in terra battuta. Berretti e Allievi che si dividono, oltre a campo e docce anche il tecnico. Mister Miccio da inizio campionato infatti allena entrambe le compagini, mister Chiaiese invece “educa” i Giovanissimi Nazionali. Tortora, l’allenatore dei portieri, deve dividersi addirittura fra tutte e tre le formazioni. Allenatori che devono preoccuparsi anche di come far arrivare i ragazzi sul campo, improvvisandosi spesso autisti, magazzinieri, psicologi ed educatori. Il sabato scordatevi il ritiro in hotel. Quando si gioca fuori casa tutti a letto presto perchè se si deve andare a Reggio Calabria si deve partire alle 5 di domenica mattina, sperando nella buona giornata dell’autobus e se si è tutti quasi uguali nel vestiario, lo si deve solo alla parsimonia del magazziniere della prima squadra che ha conservato l’abbigliamento tecnico delle annate precedenti. L’unico punto di riferimento per tutti è Pasquale Ussia, che non lascia mai sola la sua creatura.

Quello di ieri fra gli allenamenti è stato il più duro da affrontare. 40 ragazzi in uno spogliatoio che ne può contenere al massimo 15. 40 persone da allenare e da tenere a bada. Tutto più difficile in un momento come questo, in cui nemmeno loro sanno se potranno continuare a giocare. Per rendere tutto più complicato è arrivata una pioggia incessante, ghiacciata che si è abbattuta, insieme al forte vento, sul campo d’allenamento. I ragazzi però non si sono dati per vinti. Massima intensità nel lavoro e tanta voglia di fare bene e di lasciare fuori dal campo tutti i brutti pensieri. Come in ogni squadra c’è il talentuoso ma un pò svogliato, c’è quello che presta massima attenzione, quello sul quale puoi sempre contare anche se tecnicamente non è una cima. Acqua e sudore solcavano i loro giovani volti.Però ieri c’era qualcosa in più. C’era la voglia di tutti di dimostrare, ancora più di altre volte, che a loro va bene anche così, va bene ai tecnici, va bene allo staff, va bene ai ragazzi. Non importa quanti sacrifici si sono fatti e quanti se ne dovranno fare ancora per il futuro, basta che un futuro ci sia. E questo lo capisci perchè vedi più impegno delle altre volte, vedi un ragazzino incitare un altro a fare bene e lo capisci sopratutto quando uno di quei ragazzi, che infilando le mani nella sua maglia zuppa d’acqua gelida cerca un calore che non avrà si gira verso di te e secco, senza preamboli, ma con un viso che esprime paura e preoccupazione domanda: “Ma noi continueremo a giocare?”. E tu che non sai cosa rispondergli al tempo stesso ti senti esplodere il petto e a stento trattieni le lacrime. Sarebbe ingiusto fermare anche la stagione di questi ragazzi, significherebbe fermare il sogno di giovani calciatori che non vogliono saperne niente di minacce presunte o reali, di farse e di infortuni muscolari o psicologici, di contributi federali e di tutto il resto. Vogliono solo continuare a fare quello che più gli piace. Vogliono solo continuare a tirare calci ad un pallone.

Carmine Apicella, ForzaNocerina.it

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