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UNA STORIA FA, quegli orsacchiotti che divennero molossi

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Non saprei dire se lunedì 21 gennaio 1929 abbia fatto freddo. Quel che è certo, è che i tifosi nocerini che si recarono alla Piazza d’Armi, quel giorno, tornarono a casa soddisfatti.
I rossoneri venivano da una bella vittoria (2-5) ad Aversa e quel giorno, nel piccolo impianto di Viale San Francesco, si presentò lo Stabia. La gara era valevole per la seconda giornata del girone di ritorno del Girone D del Campionato Meridionale. Gli orsacchiotti di Nocera… Orsacchiotti?
Beh, negli anni Venti incominciò la consuetudine di dare alle squadre un soprannome. A Nocera le idee erano un po’ confuse. Qualche cronista, causa affinità di bicolore, aveva azzardato un “diavoli”. Ma il soprannome del Milan non dovette piacere più di tanto agli sportivi nocerini.
Pochissimo più che un anno prima, il 6 gennaio 1928, c’era stata l’interessante parentesi della vittoria, in amichevole, all’Arenaccia, contro il Napoli, e c’era stato l’altrettanto famoso articolo di un giornalista napoletano che, commentando la tenacia dei calciatori della Nocerina, li assimilò a dei molossi. Quel paragone, tuttavia, dovette restare una metafora di nicchia per tanti (ma, forse, non per tutti). Così, per qualche tempo, qualcun altro ci provò con quel vezzeggiativo – che oggi suona strano – di orsacchiotti.
Arriviamo, così, a quel 21 gennaio 1929. Al Piazza d’Armi c’era tanta gente. Arrivavano i rivali di sempre, i gialloblu di Castellammare. Le vespe (causa colore della casacca, lo Stabia aveva già il suo soprannome) se la dovevano vedere con degli orsacchiotti in gran spolvero. La Nocerina dell’allenatore-giocatore Angelo Montiglio stava facendo grandi cose in campionato. E, anche in quella gara, non ci fu partita: 3-0!
Non ci fu storia, ma ci fu polemica. Il giornalista napoletano Piero Gerace non prese bene la sconfitta e lamentò l’ambiente ostile e la poca ospitalità dei padroni di casa. Forse, gli era sfuggito che, già nel match di andata c’erano state delle intemperanze e che la Nocerina, dopo aver espugnato Castellammare (0-3) si era dovuta rifugiare nella villa dei Gabola per sfuggire alle intemperanze del pubblico locale. E, probabilmente, gli era sfuggita l’invasione degli spogliatoi del Piazza d’Armi da parte degli stabiesi…
Fatto sta che ne seguì un botta e risposta su carta stampata. Con una discreta ironia e gran signoria, il fondatore de “Il Risorgimento Nocerino”, Giovanni Zoppi, rispose al collega per le rime – e in rima – con una lunga poesia intitolata: “Ingarrighiane… palliste”. Eccone lo stralcio principale:

Nell’ardore della pugna
voi chiamaste il “nocerino”
il “molosso” ossia il “mastino”
dello sport calciator.
[…] Il “molosso” nocerino
sia Montiglio, sia Bertagna,
è capace che si magna
le tue vespe in un boccon.

Come nota Mauro Di Serio, nelle pagine de “Il Rosso e il Nero, l’avventura calcistica della Nocerina dal 1910 ai giorni nostri”: “Da questo momento in poi, il termine molosso diviene parte integrante della storia calcistica nocerina”, e così è.

Per i più curiosi, ecco il testo completo della poesia:

È la palla, caro Stabia,
quel rotondo pingue arnese
che dà spesso le sorprese
sanguinanti anzichennò.

Nell’ardore della pugna
voi chiamaste il “nocerino”
il “molosso” ossia il “mastino”
dello sport calciator,

poi credendo di avvilirci
nel pigliar palla… a volo
lo chiamaste “puparuolo”
con feroce voluttà.

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Il “molosso” nocerino
sia Montiglio che Bertagna,
è capace che si magna,
le tue vespe in un boccon.

Con furiosa galoppata
volevate entrare in porta
ma faceste palla…corta
e la palla non entrò.

Non entrò perché teniamo
in Alfieri, come vedi,
che non gioca coi i piedi,
ma con tutta la passion.

E teniamo, poi, Franzese,
Maccaferri e, poi, Cascone,
e c’è sta pure Pavone
che presiede con onor.

È il “pavone” quell’uccello
che quand’apre il suo ventaglio
mette in fuga e allo sbaraglio
centomila calciator.

Ora, o grande San Catello,
che dall’altro trono assisti,
deh! Proteggi i tuoi pallisti,
da più amare delusion.

Francesco Belsito, ForzaNocerina.it

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