“Torna a gioire, Nocerina, e corri ad abbracciarmi, lì nello stesso posto in cui ci siamo innamorati”










Pubblichiamo con piacere questa poesia.
«Cosa sei per me? Me lo sono chiesto tante volte, tante quante mi sono chiesto cosa sarebbe stata la mia vita senza averti conosciuto. Di sicuro una vita più tranquilla, magari trascorsa in quella che i tuttologi moderni considerano comfort zone. Una vita non tormentata da domande esistenziali, ad esempio su chi farà gol la prossima partita, o sul perchè Battaglia invece che dribblare Peruzzi non abbia appoggiato la palla in porta di giustezza.
Quesiti posti a quel Dio del pallone che ancora non mi risponde sul perché, nel 1982, ha preferito che il Campobasso fosse promosso in B al posto nostro, o sul perché mi abbia fatto vivere l’emozione di Gualdo per poi deprimermi con la finale di Ancona. Lo stesso Dio invocato più e più volte dopo un campionato letteralmente stracciato, con record di punti e un gioco del quale essere orgoglioso su tutti i campi, con la simultanea dipartita di rivali storiche e per così dire poco amate…, e solo 4 mesi dopo la partita storica di Foggia mi ha fatto vivere tanti sabato in cui non ricordavo neanche come mi chiamassi!
Ragazzi, essere tifoso dei Molossi è una condanna che ti viene impartita dalla prima volta che metti piede al San Francesco. Una condanna che ti perseguiterà per anni e anni facendoti vivere gioie col contagocce e paradossi kafkiani per i quali vieni radiato da un campionato senza retrocessioni! Una vita fatta di controsensi, 15000 persone ad uno spareggio di eccellenza e 2000 paganti in serie B (quando le cose vanno male…); media da serie A in trasferta e vuoto assoluto in casa (sempre quando le cose vanno male)! Una vita di stenti, fatta di collette per iscriversi ad un campionato, azionariato popolare condannato senza appello, gente che all’entrata del settore, all’improvviso, assume la nazionalità portoghese e che poi pretende l’acquisto di questo o quello per il salto di qualità! Una vita di bestemmie, le più fantasiose e articolate, addirittura invocando al posto del santo di turno il nome di un Balugani o di un Gambino da Barletta, o dei pali e traverse al play-off di ritorno con l’Ascoli, o di tutte quelle volte in cui avremmo dovuto gioire e così non è stato.
Un’esistenza di “invasione sarà”, fino alla partita col Palermo in casa, allorquando l’invasione c’è stata e non sarà né la prima né l’ultima; per non parlare della partita col Sora, in cui gli spettatori della curva non hanno visto 5 minuti di gara, in 4 ore e più di stadio!
Una vita di repressione e diffide, di ingiustizie più o meno velate, di furti e inganni, di partenze dolorose e di ritorni poco graditi. Una vita di racconti sulla Nocerina di Erbstein, di aneddoti raccontati con dovizia di particolari da Busidoni, la signorilità di Mattucci, la vivacità di Giacomino De Caprio (sempre con la foto insieme a Bruno Conti da mostrarti), il “Non so se rendo l’idea” di don Antonio Orsini, le leggende su don Gerardo Esposito, il marchese Villani, “Ci rifaremo a Policoro”, La Salvia, Pallanch, Bozzi, Chiancone, Evacuo è un animale, e potrei continuare per altri 112 anni!
Una vita che se non avessi vissuto da 44 anni a questa parte, vorrei esattamente così, senza cambiare una sola virgola, perché chi ti ama sa bene che non esisti solo la domenica. Tu sei uno stato mentale, sei uno stile di vita, sei tutto ciò gli altri vorrebbero essere e non saranno mai. E allora indossa il tuo vestito più bello, e che il rosso e il nero risplendano su quel prato. Torna a gioire, saltare, segnare un gol e corri ad abbracciarmi, lì nello stesso identico posto dove ci siamo innamorati.
Buon compleanno, Associazione Giovanile Nocerina 1910!»
Un malato