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Respinta del portiere … E c’è Fabris Goal! Goal di Fabris!!!

Fabrizio Fabris ha giocato una stagione e mezza nelle fila della Nocerina, sfiorando la serie B e contribuendo, l’anno successivo alla salvezza tecnica ed economica della squadra molossa. La storia di Fabris e della Nocerina non finisce lì, anni dopo il talentuoso centrocampista napoletano torna in veste di allenatore e salva la squadra precipitata all’ultimo posto della serie C2.

 

Lei è arrivato a Nocera a novembre della stagione 95-96 cosa si aspettava dall’esperienza alla Nocerina e che squadra ha trovato al suo arrivo?

 

Avevo voglia di riscatto, avevo disputato la serie B a Cosenza, però ero reduce da una brutta stagione a Ravenna. Nocera e la Nocerina mi hanno dato l’occasione di ripartire. Sono venuto a Nocera per fare un campionato di qualità, la squadra era formata da ottimi calciatori e da grandi uomini.

 

Quella Nocerina sembrava il laboratorio in piccolo di quello che sarebbe stato il Chievo dei miracoli di qualche anno dopo, cosa ricorda di quella squadra e di quei giocatori?

 

Eravamo tutti giocatori che venivano da esperienze diverse, ad un certo punto della stagione capimmo che Del Neri era un grande allenatore e lo seguimmo alla lettera. Quell’annata è stata importante anche per il nostro mister, Nocera ha sicuramente ingigantito il bagaglio di conoscenze di Gigi Del Neri.

 

Forse la partita simbolo di quell’anno è stata la vittoria in casa con il Lecce davanti ad un San Francesco strapieno, suo fu il primo goal dopo pochi minuti su cross del grande Pagliaccetti, un boato scosse lo stadio, se lo ricorda?

 

Assolutamente, fu un girone di ritorno esaltante, quella partita e quella col Castel Di sangro furono quelle più  entusiasmanti insieme alla vittoria esterna con il Savoia. Il Lecce sembrava invincibile eppure li mettemmo sotto alla grande, è una delle partite che non dimenticherò mai.

 

Cosa è mancato a quella squadra per poter spiccare il volo verso la serie B?

 

E’ mancato un pizzico di maturità che non c’è stato in alcuni momenti. I nostri punti di forza erano istinto, determinazione, cattiveria e carattere, ci è mancata la maturità. Abbiamo regalato tre giocatori all’Ascoli in vista della partita di ritorno.

 

Lei era un personaggio importante dell’associazione calciatori, non si poteva fare qualcosa per evitare il disastro accaduto negli spogliatoi ad Ascoli alla fine della prima gara di playoff?

 

Il disastro purtroppo cominciò in campo, negli spogliatoi non riuscimmo a controllare le reazioni di tutti, per fortuna qualcuno intervenne in tempo altrimenti le sanzioni sarebbero state più pesanti. Ci fu negato un rigore clamoroso, c’era grande rabbia. Furono una serie di inutili vendette personali.

 

Che rapporto aveva con Francesco Maglione e Gigi Del Neri, due dei protagonisti di quella splendida cavalcata?

 

Maglione era il presidente e lui mi volle fortemente a Nocera, mi conosceva da tempo e non era la prima volta che mi voleva in una sua squadra, quando capì che volevo andare via da Ravenna mi convinse a venire a Nocera. Nella Nocerina ritrovai Bucciarelli e De Simone, anche loro furono importanti ai fini della mia decisione.  Di Del Neri ne avevo sentito solo parlare, però mi sono trovato benissimo col mister che infatti mi portò con lui alla Ternana qualche anno dopo. Sono rimasto in grandi rapporti col mister, mi ha anche ospitato  a Veronello per seguire i suoi allenamenti. Ha significato tanto nella mia carriera.

 

L’anno successivo la Nocerina parte con ambizioni di vertice ed invece in campionato va tutto male, gli allenatori si avvicendano e la squadra crolla in classifica, cosa ricordi di quella squadra e di quel campionato?

 

Fu un anno paradossale perché in campionato facevamo fatica ed in coppa andavamo alla grande, era una squadra inspiegabile. Sono cose che possono  capitare quando si cerca di dare continuità ad una squadra vincente. In campionato poi abbiamo avuto anche degli episodi sfortunati, a questo si aggiunse Maestripieri che non riuscì a reggere alla pressione della piazza e fu la fine. Balugani ci trasmise tranquillità ma non potè festeggiare con noi la salvezza. In ogni caso era una squadra che aveva qualcosa in meno rispetto a quella dell’anno prima. Per fortuna nei playout usci fuori il vecchio carattere e ci salvammo.

 

Emblematica fu l’ultima partita di Giulianova, Battaglia espulso e sette risultati che si incastrano in modo tale che la Nocerina debba disputare i playout dopo aver perso 1-0 su rigore a Giulianova a tempo abbondantemente scaduto, le cronache riportano notizie di uno spogliatoio diviso e di una dirigenza allo sbando, che ricordi ha di quel finale di campionato?

 

Lo spogliatoio non era unito come l’anno precedente, ma non era uno spogliatoio diviso. Purtroppo fummo travolti dai risultati negativi, ci mancò un po’ di serenità e di pazienza. Però quando andavamo in campo eravamo tutti uniti. Troppi innesti, troppi allenatori, troppi cambi, non siamo riusciti a tirarci fuori prima del previsto. Queste sono state le cause del brutto andamento del campionato.

 

Nei playout una doppia sfida con il Sora, all’andata dopo il primo tempo la Nocerina era praticamente in C2, poi uno stoico Pallanch e la reazione di tutta la squadra portò al rigore di Zian che tenne accesa la speranza per il ritorno, che ricordi ha di quella partita?

 

A quella partita ci presentammo in condizioni psicologiche tragiche. Per fortuna quella settimana avevamo la finale di ritorno col Como e questo servì a tenerci occupati mentalmente, senza la coppa saremmo crollati sotto il peso della tensione. A Sora eravamo senza attaccanti, andammo sotto di due goal e ci aggrappammo al rigore di Zian. Partimmo da Sora per giocarci la classica partita del vita o morte, ormai per noi era diventata un’abitudine.

 

Il ritorno si gioca in una bolgia, dopo il vantaggio del Sora sembra tutto perduto, la tifoseria è praticamente a bordo campo a combattere con la polizia, ad inizio secondo tempo il goal da trenta metri di Gigi Molino cambia la partita. E’ un vero e proprio assedio, la difesa del Sora ed il suo portiere sembrano imbattibili, poi però c’è Fabris, altro boato, altro goal questa volta importantissimo perché salva la squadra e la società da un probabile fallimento. Che ricordi ha di quel goal che è diventato una popolarissima sigla tv?

 

Fa una lunga pausa, come se si stesse avventando ancora una volta su quella palla vagante.

 

Quel goal per me ha significato tanto, ha significato un legame forte con i colori rossoneri e con i molossi, mi ha dato tanto a livello caratteriale. Grazie a quel goal sono diventato un uomo determinante nelle difficoltà. Sono stato il capitano della Ternana per cinque anni anche grazie a quel goal. Dopo cose del genere inevitabilmente hai qualcosa di più e lo si nota in campo e fuori. Quella partita mi ha dato la determinazione per andare oltre, dopo quella partita ero diventato un giocatore speciale, un leader. Nel calcio si dice che quando esci dall’inferno si vede e gli altri giocatori la rispettano questa cosa.

 

Di tutt’altra qualità il cammino in coppa Italia, la Nocerina fa fuori prima il Piacenza ai rigori, poi il Perugia espugnando il Curi dopo il pareggio interno ed infine la doppia sfida con la Juventus, ci ricorda i momenti salienti di quella stupenda esperienza?

 

Quella coppa fu il premio per il grande campionato precedente, eravamo spensierati ed agonisticamente al massimo.  Ci accorgemmo che potevamo giocarcela, ci prendemmo gusto, divenne una sfida nella sfida, volevamo vedere dove eravamo capaci di arrivare. Non fummo fortunati, anzi meritavamo di più. Fu una Nocerina inspiegabile rispetto al campionato. Che grandi serate quella di Perugia e quella di Avellino, anche adesso a distanza di anni mi fanno venire la pelle d’oca.

 

Nella coppa Italia di serie C la Nocerina fa addirittura meglio arrivando alla finale, peccato che dopo il 2-0 casalingo la squadra crolli indecorosamente nel ritorno di Como, ci sono molti dubbi e rimpianti su quella finale di ritorno, lei che ricordi ha di quella esperienza?

 

Fu una partita cominciata con handicap per l’ennesima espulsione, stavamo lottando per non retrocedere, giocavamo con un uomo in meno, non avevamo la tranquillità e la serenità per gestire quella situazione, non eravamo capaci di giocare in sofferenza. Fu un po’ come il film di Rocky sembravamo alle corde e invece reagimmo salvandoci col Sora. Ci avevano tolto quasi tutto, ma alla fine ci siamo salvati, venne fuori tutta la rabbia accumulata in un’annata veramente balorda.

 

Prima di ritrovarsi anni dopo con incarichi diversi, i destini di Fabris e della Nocerina si ritrovano nel 1998 nella finale di Ancona, con Lei e Gigi Del Neri dalla parte sbagliata della barricata, una Ternana troppo forte e troppo avvantaggiata dal doppio risultato per non andare in serie B, partita particolare anche quella, cosa ricorda?

 

E’ il bello ed il brutto del calcio, quando la Nocerina ribaltò il risultato col Gualdo pensai che solo pochi mesi prima insieme a loro mi ero salvato in maniera insperata. Trovarmela contro è stata una cosa strana, vedere tutti i tifosi venuti da Nocera mi dava una sensazione strana.  Essendo stato molto attaccato alla maglia è stata una cosa veramente brutta incontrare la Nocerina. Fu una partita dura fino alla fine, a fine gara sono andato ad abbracciare tutti i miei ex compagni nello spogliatoio, sono stato più con loro che con i calciatori della Ternana. Sono le cose che lo sport ti regala, per questo è speciale. Emozioni forti.

 

Dopo qualche anno la Nocerina e Fabris si ritrovano con ruoli e situazioni molto diverse, la squadra è in C2 in piena crisi tecnica ed economica, solo un miracolo può salvarla e c’è ancora una volta Fabris. Doppia esperienza da allenatore con  la sua gestione intervallata da quella di Arcoleo,che situazione trovò e cosa ricorda di quel finale di campionato prima dei playout?

 

La situazione era molto simile a quella del secondo anno da Giocatore, c’era un gruppo di ragazzi un po’ spaesati, ma avevano comunque grandi qualità. Purtroppo non erano in grado di gestire una piazza come Nocera. Eravamo partiti bene poi tre sconfitte consecutive ci hanno messo KO.  Quando mi hanno richiamato mi sono tuffato in questa esperienza dando anima e corpo alla causa Nocerina  e alla fine è stato un ennesimo miracolo della maglia rossonera, una scarica di adrenalina incredibile. Morro D’Oro è stata un’esperienza indimenticabile. Quell’anno è valso cinque anni normali, ho avuto grandi insegnamenti, da quel campionato. Quei ragazzi hanno fatto una bella strada, sono contento per loro, li ricordo tutti, e sono sicuro che porteranno dentro di se un grande ricordo sportivo e di vita.

 

 

Nei playout doppia sfida con il Morro D’oro, corsi e ricorsi storici, anche stavolta la Nocerina va sotto di un goal e poi vince 2-1. Il ritorno a Morro D’Oro è un esodo di tifosi rossoneri che seguono lei e la squadra nell’ultimo assalto. Si finisce con allenatore e giocatori a festeggiare in campo con i tifosi, ha salvato per la seconda volta la Nocerina dalla retrocessione sul campo e dal fallimento economico, cosa ricorda di questa doppia sfida?

 

La voce è quella ferma e decisa di chi è stato capitano e protagonista di tante battaglie.

 

Le premesse non erano positive avevamo perso entrambe le volte col Morro D’Oro. Andammo sotto, ma eravamo un’altra squadra rispetto al campionato, non sbagliavamo più le partite. Eravamo carichi e preparati mentalmente alle difficoltà. Avevamo fatto un salto di qualità tale che il Morro D’Oro non poteva gestirci, li abbiamo sconfitti psicologicamente prima che in campo. Per loro le partite all’ultimo sangue erano una novità, noi invece venivamo da un campionato all’insegna dell’ultima spiaggia, eravamo troppo forti mentalmente per cedere. Al ritorno eravamo molto sicuri,loro erano spaventati, e gli demmo il colpo di grazia, non avevano lo spessore caratteriale per batterci,fu una grande prova della squadra e di tutto l’ambiente.

 

A parte lei, quali sono i calciatori che meritano di essere ricordati più degli altri nel corso della storia della Nocerina?

 

Io penso che la Nocerina abbia avuto grandi giocatori. La Nocerina lascia una traccia indelebile in chi indossa questa maglia. La squadra di Del Neri la porto nel cuore. Pallanch Conti, Bruno, Battaglia, D’angelo,Marra, Criscuolo, Avallone,De Simone,Delle Donne giocatori importanti che hanno scritto pagine importanti. Tutti quelli che ho conosciuto, da allenatore e da giocatore, hanno onorato la maglia.

 

Parlando di allenatori, massaggiatori, magazzinieri, dirigenti e presidenti, ci faccia qualche nome che lei ritiene più legato alle sorti della Nocerina?

 

Ho un ricordo bellissimo di Giovanni Oliva, adesso personaggi come lui li si definisce vintage, io dico che come Giovanni non se ne trovano più, lui è fondamentale per la Nocerina. Nicola Maiorino è uno dei migliori dirigenti di calcio che ho mai conosciuto. Con Peppe Prete ho avuto un rapporto eccezionale, competente e prezioso. Ma ho avuto rapporti buoni con tutti, come l’ispettore Grimaldi. Tra i tifosi ricordo lo storico “Pierin Pier Pe Terr”. Nella storia della Nocerina devono avere un posto anche loro, hanno tutti contribuito a costruire questo enorme monumento del calcio italiano che è la Nocerina.

 

Lei è stato scelto come personaggio rappresentativo per un periodo glorioso della Nocerina, quali sono i suoi auguri a questa vecchia e gagliarda signora che compie 100 anni?

 

Gli auguro innanzitutto di prosperare dal punto di vista sportivo, deve essere presente sempre nel panorama sportivo italiano e le auguro di ritrovare le platee importanti che le sono dovute, ad esempio un po’ di anni consecutivi in serie B. C’è bisogno di un salto di qualità, professionalità e calore non mancano, Nocera e i Nocerini ce l’hanno nel dna.

 

L’intervista  si chiude e non riesco a non rivivere ancora una volta quell’attimo che precedette il goal nel playout con il Sora, Brividi veri, Brividi Rossoneri.

 

Altre interviste pubblicate Roberto Chiancone , Costabile D’Agosto , Mario Gambardella , Giacomo De Caprio , Tonino Simonetti

 

Fabio Pagano, ForzaNocerina.it

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