“Dunque, la vita ha i colori del rosso e del nero?”











Piove, e il mondo è in bianco e nero nelle avenue di New York. Le gocce d’acqua si infrangono e scorrono sui vetri. Le figure dei palazzi rendono l’atmosfera ancora più plumbea. È una di quelle giornate in cui sembra che non esistano i colori. Non certamente il paesaggio che possa entusiasmare una giovane come Henriette. L’accademia di arti drammatiche la appassionava il giusto. Ma quel giorno un professore italiano dallo sguardo imperscrutabile aveva deciso che lo spettacolo che sarebbe stato messo in scena quell’anno sarebbe stato chiaramente ispirato a un celebre romanzo di Marie-Henri Beyle, per tutti Stendhal.
“Lasciatemi alla mia vita ideale. I vostri affanni meschini, i vostri particolari della vita reale, più o meno fastidiosi per me, mi strapperebbero dal cielo” – prese a spiegare il professor Cattapani. “Secondo il grande Emile Zola questo autore è tra i più bravi di tutti”.
Henriette si destò dal torpore. “Professore, come si chiama il libro?”.
“Il rosso e il nero”, rispose il professore.
“E di cosa parla?”
“Il rosso parla della passione. Il sangue che ribolle, il colore degli abiti dei militari che difendono la propria patria. Il nero è il colore del dolore, della morte”.
La curiosità prese possesso di Henriette. “E perché, professore, ci interessa?”.
“Perché, Henriette…in questi due colori, c’è semplicemente la vita di tutti noi. Julien Sorel veste di nero, il colore degli ecclesiastici, una vita che forse non vuole davvero. Sono i momenti brutti che tutti noi viviamo. Il rosso è l’ambizione di una vita, il desiderio di diventare militare di Julien. Sono i momenti di passione, di ardore, di amore. Probabilmente il rosso non esisterebbe se non ci fosse il nero”.
Henriette strabuzzò gli occhi. “Dunque, professore, la vita è il rosso e il nero?”.
Cattapani sorrise, divertito. “Può essere. Ciò che conta è che saprai sempre che, come dice Stendhal, le più grandi e belle passioni hanno immensi ostacoli da superare, e gli eventi che ti capiteranno nella tua vita, saranno incerti. È proprio questo è il significato dell’amore: non sai se e quando dal nero riuscirai a raggiungere il rosso, ma ci proverai sempre e comunque. E la tua vita sarà accompagnata sempre da questi due colori. Sì, è un ragionamento che mi piace”.
Sarà così che Carlo Cattapani ha conosciuto Henriette Gardner, sua allieva canadese, che poi diventerà sua moglie. Mi piace immaginare, viaggiando con la fantasia, che una delle opere fondanti della letteratura di quell’epoca possa avergli dato ispirazione per scegliere i due colori della maglia che per noi è la più bella di tutte.
Sarà anche fantasia. Ma la verità è che, davvero, non avrebbe potuto scegliere di meglio. Tu sei stata e sarai sempre il rosso e il nero. Sei la passione che ci ha spinto a viaggiare in ogni dove, che ci ha travolti ogni giorno di più, che ha colorato le nostre domeniche con le tinte del vero amore. Ci sei stata nei nostri momenti rossi, e anche in quelli neri, della nostra vita. Ognuno di noi ha un ricordo legato a te, a quanto hai rappresentato, a quanto continui a rappresentare per noi. Sei stata sempre più travolgente di qualsiasi cotta estiva, di ogni persona abbiamo incontrato nella nostra vita, più bella di qualsiasi “Ti amo”, più forte di tutto e di tutti. Sei nata, cresciuta, finita, rinata, per tante volte. Hai toccato il cielo, sei sprofondata negli abissi, sei risalita.
Ti abbiamo vista uscire trionfante e sconfitta da migliaia di battaglie. Hai pianto, riso, e con te noi ci siamo commossi, abbiamo urlato, ci siamo arrabbiati, abbiamo sorriso. È questo il destino che noi fortunati abbiamo avuto: avere in dote la passione per l’unica squadra al mondo che non ti annoierà mai. Mai.
Undici maglie a strisce svolazzano su un fazzoletto verde. Non importa chi siano i fortunati ad indossarle. L’importante è che tu continui ad essere il mio rosso, e il mio nero. Tanti auguri, amore.
Marco Stile, ForzaNocerina.it